(1)
La nostra storia, che è un cammino di passi, salti e corse, inizia proprio quel giorno in cui George, giunto al culmine di una pesante depressione, decide di chiudere il flusso dei suoi pensieri che lo tormentano, prende foglio e penna e vi scrive:
“Katerina amore mio, sto partendo per un viaggio di sola andata, per metter fine alle mie angosce. Scusami se non sono capace di continuare a vivere, perdonatemi se potete, perdonami tu e chiedilo per me anche ai nostri figli.”
Apre la porta di casa, esce, e si incammina per le vie di una Londra grigia come il suo animo, frenetica come la sua testa. Cammina deciso e determinato verso un preciso obiettivo. O meglio spera di essere determinato, almeno questa volta.
Ha deciso di togliersi la vita, si sente in parte sollevato pensando di porre fine all’angoscioso rincorrere di pensieri inquietanti, sente l’adrenalina che sta scendendo, eppure qualcosa ancora lo turba. Non riesce a smettere di dubitare:
George devi smetterla, il dubbio ti farà impazzire
Gli ripetono tutti da sempre, ed anche ora che ha deciso di compiere l’azione definitiva, per trovare la pace, anche ora si scopre a pensare se davvero non ci possa essere una soluzione. E così ricomincia con le sue incertezze.
Cammina, e pensa che forse Katerina potrebbe avere ragione quando sempre gli ripete che ostinarsi a dubitare dell’esistenza di Dio, è diventata per lui una vera malattia, ma che esiste certamente il rimedio per guarirne, se solo si abbandonasse alla serenità della fede.-E se fosse la fede la soluzione?-Ma quale fede? Lui è un filosofo, un ricercatore di risposte e la religione invece è solo ‘accontentarsi di non avere alcuna risposta.’
Anche suo padre, soleva dirgli che il dubbio si insinua nella mente come un virus tremendo e scatena una vera patologia irreversibile, gli consigliava di smettere di pensare perché sarebbe finito in una clinica psichiatrica ammalato mentalmente e distrutto fisicamente. Stessa cosa diceva il suo direttore, il sig. Kakh, un ebreo non credente, che lo prendeva in giro ironizzando sulla fissazione di George di voler sempre mettere ogni cosa in discussione, che da agnostico irriducibile non perdeva occasione di dubitare anche sul lavoro.Il direttore, lo sollecitava a smettere di ostinarsi in quel modo.
Caro George, ciò non le farà guadagnare più soldi (motivazione per lui di vitale importanza), anzi: causerà solo miseria ed infelicità.
George era nato nella borghesia di tradizione protestante inglese, aveva oggi trentotto anni, era sposato da dieci con Katerina di origine indiana cattolica, evidentemente molto diversa da lui per cultura, estrazione sociale ed educazione religiosa. A volte lui pensava che queste differenze fossero un bene, ma altre sentiva che era incapace di farsi comprendere, non c’era quella sana empatia, e di questo ne soffriva. Katerina invece, era sempre compiacente e rassegnata, e, quando non capiva, accettava senza preoccuparsee.
La prima loro figlia Mary era morta quando aveva solo sette anni, mentre Michael e Sally oggi ne hanno otto e sei. Forse era stata proprio la morte di Mary e la sua innata passione per la filosofia che avevano spinto George ad interrogarsi giorno e notte ostinatamente. Aveva anche letto decine di libri sul significato dell’esistenza umana, ma non trovava pace, anzi pian piano era caduto in questa rovinosa depressione, una sorte di fissazione che non gli dava tregua, anzi: lo consumava pian piano.
Rifletteva anche sul fatto che aveva sposato Katerina, indiana e cattolica, così diversa da lui, pragmatico e agnostico. Lei è una insegnante di teologia lo invitava alla fede in Dio, ma non riusciva ad essere credibile.
George ammirava la moglie, ma quel suo credo non lo convinceva affatto.Lei rispondeva a tante domande, però le motivazioni della dottrina cattolica non erano logico/empiriche come lui si aspettava dovessero essere. L’intelligenza acuta e sottile di George non poteva essere appagata da risposte che si basavano sull’accettazione di un mistero che non poteva essere dimostrato scientificamente.
Invero George era amante della filosofia induttiva, cioè procedeva da osservazioni ed esperienze particolari a ricavarne i principi generali in esse implicite.
Soleva partire per esempio dall’osservazione di fatti concreti, ed attraverso di essi cercava di arrivare a formulare le ipotesi che potessero dare un senso logico ai fenomeni osservati. Ricercava insomma i principi generali che sono impliciti nell’osservazione del particolare. Aveva discusso per ore, a volte notti intere, con la moglie, la quale gli appariva troppo rassegnata ad accettare qualcosa che non aveva un significato logico.
George sapeva che la logica è soggettiva, ma per stare in piedi deve avere una base empirica e oggettivamente valida, che le permetta di poter essere sostenuta.
Ecco il motivo per cui George diceva che il cattolicesimo fosse solo rassegnazione all’incomprensibile mistero della fede, oppure un assurdo e bigotto idealismo forzato. Se non fosse stato per un affetto profondo che provavano l’uno per l’altra, questa diversità, così grave per il marito, li avrebbe portati presto a separarsi.
La loro forza stava nel saper chiudere ogni discussione senza offendersi o biasimarsi, e dunque avevano sempre salvato una relazione che diventava però, giorno dopo giorno, particolarmente sofferta. George, assillato dalla sete di domande, trovava ogni volta la maniera di iniziare un discorso che pian piano diventava un retorico monologo fine a se stesso.
Perché siamo stati creati?
Perché stiamo vivendo su questa terra per poi morire?
Cosa succederà dopo la morte?
Quale il senso di questa esistenza?
Continuando a tormentarsi pensava: Finché non troverò le risposte a queste domande non potrò essere sereno .
Quel giorno, che è appunto l’inizio della nostra storia, camminando per le strade di Londra, con l’intenzione di togliersi la vita, ancora pensieri ed immagini gli arrivano violenti come onde che si infrangono sugli scogli durante una tempesta invernale.
Rivede la figlia Mary all’ospedale. Eccola mentre lotta per la vita, ma non riesce a vincere. Rivede l’ultimo respiro della bimba e l’abbandono al sonno eterno. Rivede quel sospiro rassegnato, un sorriso infantile beato, ma subito la consapevolezza della fine e un dolore lancinante nello stomaco dei genitori distrutti. Mary era partita per sempre, li aveva abbandonati. Mary non era riuscita a vincere. Non avrebbero più sentito la sua risata argentina e non gli avrebbero più accarezzato le guance e rimboccato le lenzuola, non l’avrebbero vista crescere diventare, donna e madre.
Nulla di tutto ciò, perché Mary era morta. George si chiedeva spesso, perché la vita non l’aveva più voluta? Rivede suo figlio Michael quel giorno che improvvisamente, senza motivo, gli domanda:
Papà perché vai tutti i giorni al lavoro?
Per avere uno scopo nella vita!
Per comprarti ciò di cui hai bisogno e farti regali…
Cosa vuol dire, papà, avere uno scopo nella vita?
Servire la gente e essere utile per l’umanità
Perché?
George ancora più abbattuto, replica:
Per una causa superiore che noi entrambi non conosciamo!
Papà hai letto tanti libri e non trovi le risposte; papà quando sarò grande, io saprò tutto, io saprò dare le risposte!
Michael ... Lascia perdere, mio caro...
Poi sorride e pensa tra se’ e se’:-è proprio questa la raccomandazione che mi viene fatta tutti i giorni-e aggiunge a suo figlio:
Non avere paura, un giorno ti risponderò
Papa’, tu hai finito gli studi, leggi molto eppure non sai rispondermi!
Hai finito i tuoi compiti ?
Sì
Allora buona notte.
Camminando ancora, pensa che se fosse riuscito ad avere la fede cieca di Katerina, oppure a rassegnarsi e smettere di cercare invano come gli suggeriva il suo direttore, oppure addirittura a violentare il flusso dei pensieri e smettere di cercare risposte come lo invitava il padre, avrebbe potuto trovare la pace. Avrebbe potuto, oppure no? Chi poteva saperlo? Ma ora era troppo tardi per cambiare ancora idea.
Però i ricordi non gli danno tregua.
Ripensa a quel giorno in cui aveva provato ad innaffiare la sua depressione nell’alcool, bevendo all’inverosimile, e poi, guidando in stato di totale annebbiamento, era finito per sbattere contro un muro. Mentre usciva, miracolosamente illeso dall’abitacolo dell’auto distrutta, aveva preso in mano dal sedile di fianco il suo libro ‘La filosofia della felicità’ e naturalmente il vigile che lo attendeva per portarlo al commissariato gli aveva chiesto:
Questa sarebbe la filosofia della felicita’ o la filosofia del suicidio?!
Katerina lo aveva fatto uscire dietro cauzione e dicendogli:
Non dovevi guidare ubriaco.
Lui, sarcastico:
Non era una tua raccomandazione, “cerca di dimenticare”?
Certo, ma non in questo modo.
Perché, non è vero che tu rimani sveglia fino a tardi a bere tutti i giorni?
Io bevo durante le cerimonie per Gesù, in chiesa.
Lui risponde maliziosamente:
Sacro calice e benedetta allucinazione o forse un altro modo per fuggire?!
Discutere con te è diventato estenuante, tu hai paura di pensare, e trovi rifugio nel bicchiere e nello stare sveglia fino a tardi e gli conferisci una veste sacra.
Le parole di George sono molto dure. Katerina sospira e dice con tono avvilito:
Almeno non ho bisogno di uno psichiatra, stai dando segni di grave squilibrio…
Può essere… Chi lo sa?
(2)
George pensa e cammina per Hyde Park su sentieri che normalmente gli risultavano familiari e brevi, ma che ora diventano labirinti infiniti; la strada per la meta definitiva sembra troppo lunga, o forse la convinzione sta cedendo il posto nuovamente alla sua indole razionalmente dubbiosa, o magari sta soccombendo alla paura. La testa gli sta scoppiando, si ferma per non perdere l’equilibrio. Si siede un attimo e guarda la gente che gli passa accanto, gli sembrano corpi senza coscienza, meccanicamente impostati ad andare avanti, anime inconsapevoli che non riflettono sui significati. Si domanda tra sé e sé:
Ma queste persone sanno dove stanno andando? Perché stanno vivendo le loro vite?
Vede poi un signore ben vestito sulla settantina, che sta giocando a palla con un bimbo, probabilmente il nipotino. George incuriosito dal tenero quadretto si avvicina e senza alcuna timidezza, senza pensarci due volte chiede:
Scusi per l’interruzione, ma lei è felice?
L’anziano lo guarda meravigliato e dice:
Sì…
Poi ritorna a giocare con il suo nipotino.
George lo interrompe nuovamente:
Come? Voglio dire come mai lei è felice?
L’anziano signore lo osserva come si guarderebbe un pazzo, ed un po’ scocciato gli risponde:
Sì…
Ma lei è felice perché ha capito quale sia il vero senso della sua vita?
Esatto, in effetti lei ha risposto da solo alla sua domanda.
Sì, sono felice perché conosco la ragione della mia vita, semplice.
Mi può spiegare qual è questa ragione? Per favore, sia gentile…
No, non posso risponderle, deve cercarla lei da solo, legga dentro la sua anima, rifletta e si convinca da se stesso.
La prego…
In effetti lei mi sembra una brava persona, dunque mi permetta di suggerirle un’osservazione.
E continua con determinazione:
Intanto lei non è un’adolescente, è un adulto che deve prendere coscienza e da quella avrà la conoscenza, e quindi la consapevolezza. E’ un cammino soggettivo, un percorso individuale. Non vedo in lei un adolescente al quale devo insegnare le mie idee sulle ragioni della vita e sul perché dell’universo, o forse lei è abituato ad appoggiarsi sugli altri?
Chiedo scusa nuovamente, ma come fanno la mia vita e la mia anima a rispondermi?
Se prende in mano una collana di perle, vedrà una bella collana, ma osservandola attentamente scoprirà che le perle sono state infilate una ad una, e che sono tenute assieme da un filo sottile, un filo sapiente senza il quale niente collana, senza il quale, se lo tagliamo, saranno solo perle che saltano e rotolano e si disperdono. Ha capito il senso? Cerchi la via della felicità, cerchi la chiave della felicità!
Come?
Attraverso la ricerca, la perseveranza e la volontà di arrivarci.
Per arrivare a?
Alla felicità.
Ma non capisco… In che modo?
Cerchi la via della felicità e vedrà che troverà un senso alla sua vita! Chiedo scusa, ora vorrei giocare con il mio nipotino…
D’accordo ... Io non conosco la via della felicità, ma insisterò e ci arriverò, come dice lei, se esiste!
Certo che esiste, altrimenti la vita non avrebbe senso. Comunque quando troverà la risposta me lo faccia sapere; vedrà che troverà il filo sottile che darà senso a tutte le questioni della sua vita.
Lo spero… Mi dica, come faccio a ritrovarla per parlare ancora con lei?
Mi troverà in questo parco ogni venerdì, oppure mi dia il suo indirizzo e mi farò vivo io!
Poi si gira verso il nipote tirandogli la palla. George gli dice:
Grazie, ecco il mio indirizzo.
Poi si congeda.
Riprende il cammino, ma si sente confuso, esausto e in preda al panico; entra in un bar e beve molto alcool, riesce poi appena ad uscire dal locale: gli gira vorticosamente la testa e cade sull’asfalto.
La gente corre in suo soccorso e qualcuno lo accompagna a casa.
Questa volta Katerina non lo sgrida, anzi, scoppia a piangere e lo abbraccia, felice che non si sia suicidato. George però non è altrettanto felice, anzi, è ancora più depresso di prima:
Sì sono ancora vivo, purtroppo.
Grazie a Dio sei vivo, ho letto la lettera ed ho avuto tanta paura, ma come hai potuto pensare di toglierti la vita?
Per farla finita con questa assurda esistenza senza coscienza, e se non fosse stato per l’anziano incontrato, e per l’alcool bevuto, ora sarei morto, ovvero a riposare in pace.
Ma di quale anziano stai parlando?
Non lo so chi fosse, un uomo che giocava con il nipotino; lui è felice perché conosce il senso della vita…
Non capisco di cosa stai parlando, ma grazie a Dio sei salvo.
La strada della felicità! Essa necessita volontà, perseveranza e pazienza. Proverò allora a cercarla per essere felice come quel signore…
La strada della felicità! La raggiungerai caro, ma non a prezzo della vita, abbiamo bisogno di te…
Continuerò la mia ricerca, per essere felice come quell›anziano.
Katerina lo guida verso la camera da letto. George si sdraia sul letto, mentre gli eventi del giorno saltellano nella sua testa come fantasmi, finché non viene sopraffatto da un sonno profondo.